Microsoft accusata di spiare i consumatori tramite la fotocamera

 Microsoft ci spia?

Microsoft ci spia?

Dopo Apple e Google, ora è il turno di Microsoft di essere sotto i riflettori della legge, accusata di raccogliere dati personali tramite il loro recente OS mobile.

Quel che è oggetto di accusa, è l’invio dei dati senza consenso dell’utente, caratteristica con cui Microsoft difende i suoi prodotti. Pare che quando l’applicazione fotocamera sia attiva, il nostro Windows Phone comunichi a server Microsoft i dati sulla posizione.

Google ha dichiarato che i dati conservati sono pochi, mentre Steve Jobs in persona ha negato di tracciare gli spostamenti delle persone. Microsoft non ha specificato per quanto tempo i dati vengono conservati, né la frequenza dell’invio dei dati su Internet, ma ha solo ammesso che la cronologia delle locazioni non viene memorizzata sul terminale.

Cnet ritiene che Microsoft abbia realizzato un database che conserva la posizione geografica delle torri radio e degli access point WiFi, in modo da permettere una più rapida individuazione della posizione del cellulare con un conseguente minore consumo della batteria rispetto all’uso del solo GPS.

In particolare, Windows Phone 7 trasmette il MAC address dell’access point, la forza del segnale, un device ID generato casualmente e, se il GPS è attivo, la posizione, la direzione e la velocità degli spostamenti. Ciò si verifica solo se l’utente o l’applicazione effettuano una richiesta per informazioni sulla posizione.

Non è chiaro però come siano gestiti tutti questi dati che potrebbero essere utilizzati da eventuali malintenzionati o semplicemente dalla polizia durante un’attività investigativa.

Perplessità sulla privacy nascono quando un ID univoco del dispositivo viene inviato, permettendo il tracciamento dei “vagabondaggi” di un utente per un periodo di tempo non ancora definito. E chiaro che affinchè i dati abbiano un senso, è necessario raggrupparli tramite un ID generico, ma ancora non è chiaro per quanto tempo tale ID casuale rimanga valido.

Il caso, portato alla U.S. District Court, Western District of Washington da Rebecca Cousineau, afferma che Microsoft ha garantito al Congresso degli Stati Uniti che la società raccoglie dati per la geolocalizzazione con l’espresso consenso dell’utente, ma tale “rappresentazione Microsoft al Congresso era falsa”.

Microsoft, al momento, non ha ancora risposto all’accusa.

via digital.it



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